Acondroplasia

 

I contenuti presenti in questa sezione hanno il solo scopo di fornire informazioni generali e non devono essere mai considerati come sostitutivi di una visita medica.

L’Acondroplasia è una patologia d’origine genetica che colpisce 1 neonato su 25mila. La cartilagine di accrescimento delle ossa lunghe degli arti superiori ed inferiori non riesce a svilupparsi in modo armonico e completo, compromettendo lo sviluppo del bambino. E’ causa di una delle forme più comuni di nanismo.

E’ causata dall’alterazione di un gene del cromosoma numero 4 – quello che contiene le informazioni utili a fabbricare la proteina chiamata “recettore del fattore di crescita dei fibroblasti di tipo 3” – che lo rendono incapace d’intercettare il segnale molecolare indispensabile alla moltiplicazione delle cellule cartilaginee. Quasi il 100 per cento dei neonati affetti da acondroplasia evidenzia la stessa mutazione genetica. In 9 casi su 10 chi è colpito dalla patologia nasce da genitori normali. L’anomalia infatti si manifesta negli spermatozoi e nell’ovulo al momento del concepimento e ciò senza distinzione di razza o sesso.

Il primo segnale è dato dall’altezza: circa 130 centimetri nei maschi adulti e 125 nelle femmine. Altri sintomi sono la limitata capacità di torsione del gomito o la dentatura disordinata con conseguente difficoltà a far combaciare l’arcata superiore ed inferiore. Possono insorgere problemi respiratori o disordini neurologici da trattare in sala operatoria. Dolori muscolari e affaticamento della colonna vertebrale in genere non richiedono l’intervento del medico. Sessualità, quoziente intellettivo e durata della vita risultano nella media.

Se nella coppia uno dei genitori soffre di Acondroplasia, è possibile effettuare l’esame del Dna fetale. Fondamentale l’indagine radiografica per distinguere l’acondroplasia da altre displasie. La terapia chirurgica mirata all’allungamento delle ossa femorali e tibiali si può eseguire dai 12 anni d’età.